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Imparare significa agire

Imparare significa agire

“Non puoi insegnare qualcosa a un uomo, lo puoi solo aiutare a scoprirla dentro di sé” (Galileo Galilei)

Introduzione
Le conoscenze provenienti dalla neuropsicologia (ricerche sul cervello e neuroscienze) che confluiscono sempre più spesso nel dibattito in materia di apprendimento-insegnamento (anche a livello motorio e sportivo), non hanno evidenziato finora nuove dimensioni dell’apprendimento e non rivoluzionano assolutamente gli attuali metodi di insegnamento.

Tutto ciò che conosciamo riguarda l’apprendimento e i processi dell’apprendimento ed è noto da tempo (grazie alla pedagogia, alla psicologia dell’apprendimento e all’insegnamento) che l’apprendimento è stato da sempre cognitivo, altrimenti non ci sarebbe mai stato apprendimento.
Cambiano le parole ma la sostanza rimane la stessa!

Le scoperte della neuropsicologia contribuiscono a comprendere meglio l’apprendimento, evidenziandone i complessi meccanismi.

L’apprendimento si compone di processi psicologici e biologici molto complessi e non può essere ridotto a semplici formulazioni: basti pensare che nell’apprendere è coinvolto l’essere umano nel suo complesso e non solo il cervello.

Ciò che utile per l’apprendimento e ciò che non lo è, varia da individuo a individuo. Nel Minibasket ad esempio non si possono standardizzare e presentare sempre esercizi e giochi adatti per tutti i bambini.

Siamo coscienti che le teorie neuropsicologiche mostrano solo un aspetto dell’apprendimento, per cui riportiamo alcune considerazioni personali che dovrebbero contribuire a spiegare e interpretare le conoscenze sul processo dell’apprendimento che derivano dalla pedagogia, dalla psicologia e dalla metodologia dell’insegnamento.

“Corpo e mente non si sviluppano indipendentemente l’uno dall’altra”

“Schemi motori e posturali (abilità semplici) non opportunamente trasformati in abilità complesse (fondamentali individuali) attraverso l’educazione e lo sviluppo delle capacità motorie individuali, frenano anche l’intelletto”

“Proporre e fare eseguire esercizi e giochi uguali per tutti i bambini non é corretto”
“Il movimento porta a una migliore irrorazione sanguigna dei muscoli e del cervello e quindi a una migliore capacità di prestazione intellettuale e motoria”

I saperi e la memoria
Parlando di saperi ci riferiamo ad avvenimenti, comportamenti, capacità e abilità, emozioni che sono state memorizzate. Tutti questi saperi non sono immagazzinati in blocco nel cervello e ordinati in compartimenti definiti, ma sono conservati in diverse parti del cervello e collegati tra loro nell’ambito di una fittissima rete di connessioni neuronali.

Di grande importanza sono gli avvenimenti che suscitano emozioni e che sono ricordati (memoria). E’ assodato che l’apprendimento si può registrare solo con l’aiuto di “memorie” e tutto ciò che è nuovo si deve basare su quello che si ha a disposizione e che all’occorrenza è richiamato dalla memoria (ricordato).

Si possono distinguere due tipi di memoria:
– a breve termine;
– a lungo termine.
La memoria a lungo termine si distingue in:
– memoria dichiarativa: immagazzina fatti, avvenimenti, esperienze personali, etc.;
– memoria procedurale: molto importante per l’apprendimento del movimento, perché con essa si registra come eseguire qualcosa (camminare, correre, saltare, lanciare, etc.).
Saperi, comportamenti, capacità, abilità, emozioni, non possono essere trasmesse direttamente ai bambini dai genitori, dagli Insegnanti e dagli Istruttori; tutto ciò che trasmettono è interpretato ed elaborato individualmente nel cervello di ogni bambino.

Chi impara costruisce il proprio mondo da solo, tramite il proprio agire. Sapere e comportamenti non possono essere acquisiti passivamente, ma devono essere costruiti in modo attivo dal singolo bambino.

Gli Istruttori non hanno alcun accesso diretto ai meccanismi di apprendimento del singolo bambino, essi possono solo creare un ambiente favorevole, predisporre l’attrezzatura necessaria, consentire l’approccio emotivo, fungere da esempio, stimolare, con l’obiettivo di fare in modo che i bambini siano attivi in prima persona. Lo scopo di ogni intervento didattico deve essere lo stimolo a fare da sé, uno stimolo che si deve basare sempre sul potenziale del singolo bambino.

Per l’Istruttore è importante:
– far sentire tutti i bambini competenti negli esercizi e nei giochi (e non fare differenziazioni negli esercizi e nei giochi);
– creare situazioni di apprendimento motivanti e stimolanti (differenti esercizi e giochi);
– creare un’atmosfera di rispetto reciproco;
– sostenere in modo adatto tutti (in relazione ai diversi livelli di abilità);
– offrire opportunità di apprendimento variate;
– garantire un ambiente che favorisca l’apprendimento;
– stimolare la prestazione individuale e non del gruppo o della squadra;
– insegnare ai bambini a imparare.

Prima si parlava di capacità, conoscenze, competenze e…….. abilità, ora si parla solo di competenze e di abilità, ma nella sostanza non è cambiato niente.
Ognuno ha le sue capacità e le sue competenze e per migliorarle deve aumentare le conoscenze, in questo modo diventa più abile!

La percezione come base dell’apprendimento
Lo sviluppo dei sensi (vista, udito, tatto, olfatto, gusto) ha grande importanza per l’educazione e lo sviluppo della capacità di apprendimento dell’individuo e rappresenta il presupposto per l’apprendimento di movimenti complessi e per migliorare la coordinazione motoria.
“La percezione crea i presupposti per entrare nel mondo esterno”

Gli organi di senso non trasmettono al cervello immagini, suoni, odori, sensazioni fisiche, ma tutto ciò che recepiamo arriva codificato e sotto forma di impulsi elettrici al cervello, dove i segnali sono interpretati individualmente e trasformati in fatti coscienti.

Il sistema nervoso senza il sistema sensoriale non ha informazioni né sul proprio stato né sugli stimoli provenienti dall’esterno; le cellule nervose (neuroni) e le connessioni neuronali sono semplicemente vettori di informazioni.
Una rete neuronale staccata dal sistema sensoriale non può creare autonomamente delle informazioni: non esiste informazione senza interpretazione individuale.

Il mondo non può essere percepito come realmente è, noi lo vediamo come ci appare e lo percepiamo solo con l’aiuto della memoria, che ha la capacità di confrontare il vecchio con il nuovo.

L’apprendimento ha bisogno della memoria, la memoria e la percezione sono collegate con la memoria. Con il cervello confrontiamo continuamente il nuovo con le esperienze vissute precedentemente, con le conoscenze e con le abilità che disponiamo tuttora.
La percezione influenza la percezione e la capacità di percezione si allena, si sviluppa e si affina attraverso una percezione costantemente attiva.

“Il cervello opera in base alla sua storia” (Schmidt 1991)

In relazione all’affermazione di Schmidt è molto importante che l’Istruttore conosca, ai fini di un corretto apprendimento cognitivo, le conoscenze pregresse di ogni bambino, i suoi saperi e le sue capacità acquisite anteriormente (“cassetto della memoria”). A tale scopo lo sviluppo e l’affinamento degli organi di senso sono il presupposto per l’apprendimento di movimenti complessi e di coordinazione.

In palestra gli esercizi e i giochi proposti devono stimolare “l’attenzione vigile” dei bambini che in questo modo percepiscono con maggiore chiarezza, ricordano e comprendono se l’Istruttore dedica loro maggiore attenzione (saper comunicare, entrare in empatia, chiamare per nome, etc.).

“L’attenzione consente ai bambini di fare una selezione di tutte le informazioni che percepiscono e di conseguenza utilizzano quelle più significative” (Roth 2011).

Non esiste una correlazione automatica fra la predisposizione ereditaria e lo sviluppo del bambino. Un bambino con una buona predisposizione al movimento e all’attività sportiva non diventerà sicuramente un buon atleta: per uno sviluppo ottimale della capacità di prestazione cognitiva e motoria sono necessari stimoli, esercizi, giochi, i Genitori, gli Insegnanti, gli Istruttori e l’ambiente circostante.

Corredo genetico e stimolo non producono effetti separati, ma sono interdipendenti e durano tutta la vita.

Per l’Istruttore è importante:
– consentire ai bambini esperienze motorie variate;
– stimolare esercizi e giochi dal semplice al difficile;
– non presentare sempre gli stessi esercizi e giochi;
– far interiorizzare ai bambini sequenze di movimento dal semplice al complesso.

Caratteri ereditari e ambiente
E’ la predisposizione ereditaria e il patrimonio genetico di ciascuno di noi a decidere cosa potremmo diventare in futuro, ma il nostro divenire dipende anche dalle esperienze “vissute” e dall’ambiente circostante (culturale e non) in cui viviamo e siamo vissuti.

“Per uno sviluppo cerebrale ottimale e per un apprendimento ottimale sono necessari sia la predisposizione sia lo stimolo. Geni non si nasce, geni si diventa a partire dal proprio potenziale”.

Un bambino può nascere con una particolare predisposizione al movimento, alla musica, al disegno, all’arte e se nell’ambito familiare non gli si offre il prima possibile la possibilità di agire in quel particolare ambito (muoversi, disegnare, cantare, creare, etc.) tale predisposizione avrà effetti solo sub ottimali o non ne avrà affatto.

Lo stesso vale per l’apprendimento motorio e sportivo; lo stimolo precoce (che non deve essere una tecnicizzazione precoce) è un importante presupposto per lo sviluppo di movimenti complessi e della coordinazione (generale e segmentaria).

Lo stimolo ad agire
Lo stimolo ad agire è il motore di ogni tipo di apprendimento; senza stimoli interni ed esterni non c’è apprendimento. La carenza di stimoli porta a lacune nel sapere, nelle capacità, nelle abilità e nei comportamenti.

Per l’Istruttore è importante:
– ampliare il repertorio dei movimenti da compiere da parte del bambino;
– coinvolgere la famiglia, gli Insegnanti, la Società Sportiva;
– essere credibile e presentarsi come esempio;
– presentare esercizi e giochi che esercitino le capacità percettive;
– coinvolgere i sensi in modo “mirato” nella presentazione di un gioco o di un esercizio (una volta far vedere solo, una volta spiegare solamente, una volta far provare senza aver dimostrato, etc.);
– far verbalizzare ai bambini ciò che hanno eseguito;
– suscitare attenzione sui movimenti (attenzione vigile) che si presentano.

Apprendere significa collegare in rete
I processi di apprendimento che promuovono collegamenti, evidenziano correlazioni, coinvolgono i sensi, sono più efficaci e più duraturi dei processi lineari, isolati e non finalizzati.
Il cervello è il sistema naturale con più collegamenti (connessioni e interconnessioni). Si stima che nel nostro cervello ci siano circa 100 miliardi di neuroni con collegamenti tridimensionali. Ogni neurone può gestire migliaia di contatti con altri neuroni, per cui si fissa una fittissima rete di collegamenti. A livello dei neuroni, si svolgono processi elettrici e chimici che consentono di recepire, interpretare e restituire molteplici informazioni.

Dal punto di vista neurologico apprendere significa collegare, unire, inserire nella rete esistente e ampliarla costantemente.

Apprendere significa ottimizzare la rete di collegamenti, eliminando contatti inutili e rendere più veloci alcune connessioni (mielinizzazione degli assoni).
Il nostro cervello non separa le esperienze sensoriali e ciò che si apprende in base alle diverse discipline (motorie, sportive, musicali, pittoriche, etc.), ma le elabora collegandole tra loro. Quando vediamo qualcosa, colleghiamo al qualcosa sensazioni cinestesiche, uditive, tattili, olfattive che poi associamo a tale ricordo.
Ne deriva che i processi di apprendimento che promuovono collegamenti e sfruttano al meglio le capacità del cervello di eseguire collegamenti, sono più efficaci delle forme lineari, isolate e frammentarie.

Prima, ora: cosa è meglio?

A tale scopo verrei ricordare che “Il gioco del pescatore” oggi da molti tanto giubilato e bistrattato, è un gioco di potere incredibile, se insegnato bene e capito dall’Istruttore (conoscenza degli effetti che produce). E’ un confronto continuo di progetti (posso farlo, non posso farlo, lo faccio e poi cambio) da parte del “pescatore” e da parte dei “pesci” (grande spazio, piccolo spazio, capacità di decisione che si confrontano, capacità di reazione, capacità di anticipazione, velocità di esecuzione, frequenza dei movimenti). L’Istruttore deve essere in grado di conoscere gli effetti che produce un esercizio o un gioco e non deve farlo eseguire e basta. In questo gioco il potere cambia continuamente, può averlo il pescatore, può averlo il pesce (alternanza delle situazioni, capacità decisionale in brevissimo tempo) e il tempo a disposizione per decidere è brevissimo.
Lo stesso dicasi nella situazione di gioco “2 vs 1”: il potere (non mi piace questo termine, preferisco capacità decisionale) non è solo dei due attaccanti, ma anche del difensore. I due attaccanti devono decidere cosa fare in relazione al difensore: è meglio palleggiare, è meglio passare, il difensore: se palleggiano cosa devo fare, se passano la palla come devo comportarmi.
Idem nella situazione di un esercizio a coppie con le bacchette: A tiene un dito su due bacchette che si appoggiano ritte a terra e B è posto a circa 2-3 metri di distanza da A. A (ha il potere!) decide quando togliere il dito dalla bacchetta (che inizia a cadere) e B deve cercare di prenderla prima che cada. Invertire i ruoli.
L’importante per l’Istruttore è osservare il comportamento dei bambini e aiutarli a decidere che cosa è meglio fare (gioco delle decisioni).
Pertanto si devono utilizzare metodi di insegnamento che si rivolgono a canali afferenti diversi e percezioni differenti, stimolando capacità e abilità che stimolino in modo multilaterale il cervello.

Per l’Istruttore è importante:
– rivolgersi a tutti i canali della percezione;
– parlare con i bambini, aiutarli a decidere, non decidere per loro;
– collegare esperienze motorie e sportive pregresse e collegare nuovi movimenti e gesti;
– collegare gli schemi motori e posturali tra loro e creare “famiglie” di movimenti;
– variare i movimenti (mai proporre sempre le stesse cose);
– collegare movimenti a immagini;
– ampliare la capacità di rappresentazione del movimento;
– promuovere la bilateralità.

Multilateralità
A livello Minibasket (6-11 anni) assume una notevole importanza il lavoro multilaterale, che consiste in un insieme di esercizi e giochi con i piccoli attrezzi (coni, cinesini, palline da tennis, palloncini, bacchette, cerchi, palle e palloni di diverse dimensioni e peso, panche, tappeti) e ai grandi attrezzi (dondolarsi alle corde, salire e scendere dalle spalliere, etc.). In questo modo il bambini amplia il proprio bagaglio motorio ed è in grado di conoscere i movimenti che può effettuare con il proprio corpo nello spazio e nel tempo.

A quest’età la formazione motoria e sportiva deve essere multilaterale perché è importante che l’Istruttore aumenti le esperienze motorie e i comportamenti del bambino. Le proposte devono essere variate, interessanti, devono suscitare curiosità e attenzione, devono provocare uno sviluppo armonico degli organi, apparati ed emisomi (dx e sx). Il carico di lavoro deve essere simmetrico, quindi è importante allenare nello stesso modo i due emisferi cerebrali, in modo che aumenti l’imprevedibilità e le possibilità di variare il gioco.

La pratica di una sola attività sportiva non consente di sviluppare tutte le capacità coordinative, quindi è meglio praticare più sport (individuali e di squadra) tra loro complementari per ottenere una formazione multilaterale di base.

La multilateralità è un presupposto importante per una successiva e migliore specializzazione. Le prestazioni speciali richiedono un’ampia base di movimenti, infatti quanto più ampia è questa base, tanto maggiore sarà la possibilità di combinazione e di creatività.
L’approccio multilaterale nella formazione in età Minibasket è una validissima arma contro i pericoli della specializzazione precoce.

Lateralità, lateralizzazione e bilateralità
Harrow, a cui mi ispiro, opera una distinzione tra lateralità, lateralizzazione e bilateralità.
La lateralità è l’abilità nell’essere in grado di eseguire un movimento con le parti dx e sx del corpo, singolarmente o alternativamente. Riguarda la mano, il piede, il senso di rotazione, l’occhio e l’orecchio; può essere genetica o legata all’ambiente. I mancini sono più rapidi dei destri perché i movimenti di reazione sono controllati dall’emisfero destro del cervello.

La lateralizzazione è (grazie alla dominanza di un lato sull’altro), la specializzazione in funzioni diverse, per cui un lato del corpo esegue la parte principale del movimento (lato dominante), mentre l’altro lato collabora nell’esecuzione (lato subdominante).

La differenza tra lateralità e lateralizzazione è che nella lateralità non c’è un arto guida del movimento, mentre nella lateralizzazione sì.

La bilateralità (simmetrica e separata) è l’abilità nell’eseguire un movimento con i due arti diversi (sx e dx). Matura prima la forma simmetrica nella quale gli arti omologhi intervengono contemporaneamente, poi quella separata, nella quale si utilizzano i singoli arti separatamente (dopo i 12 anni).

Negli sport di squadra è auspicabile l’ambidestrismo (di mano e di piede) perché aumenta l’effetto sorpresa, perché si possono eseguire movimenti e gesti con entrambi gli arti.

A questo punto dobbiamo favorire la lateralità o la bilateralità?

Il transfer di apprendimento è l’influenza che hanno abilità acquisite precedentemente su abilità nuove. Il transfer bilaterale si manifesta quando il movimento effettuato con un arto determina un incremento di prestazione anche nell’esecuzione dello stesso movimento con l’arto opposto. Nei primi anni di vita conviene promuovere la dominanza funzionale di un lato, poi conviene favorire la bilateralità attraverso il transfer contro laterale, in quanto l’apprendimento diventa più rapido ed efficace, migliora la qualità del movimento, la rappresentazione mentale del movimento diventa più cosciente e strutturata, migliora l’apprendimento motorio, migliorano le sensazioni motorie cinestetiche, migliora la capacità di autocorregersi, migliorano le capacità coordinative, migliora la capacità tattica.

Impara l’arte e mettila da parte
Per risolvere il “compito motorio” presentato dall’Istruttore (che cosa fare), il bambino deve essere in grado di rappresentare mentalmente l’azione da eseguire, deve decidere (in breve tempo) cosa è meglio fare e poi fare ed eventualmente cambiare se quello che ha deciso non va bene. Io preferisco “aiutare il bambino d apprendere”, partendo da cosa il bambino è in grado di fare, usando attenzione a quello che è in grado di fare.

Apprendere significa sviluppare il cervello
Il cervello è allenabile, come un muscolo e l’apprendimento modifica le strutture cerebrali. Tramite le attività di apprendimento si ampliano i collegamenti neurali complessi.
Gli stimoli provenienti dagli organi di senso creano “immagini interiori” sempre più complesse e stabili, alle quali si associano suoni, odori, colori, etc.

I segnali inviati dai muscoli al cervello quando si hanno cambiamenti del tono muscolare sono utilizzati per registrare determinate aree del cervello, determinate immagini di movimento per operazioni motorie complesse, da richiamare quando se ne presenti la necessità.

In palestra è importante proporre situazioni reali di gioco!

Risultati consolidati della ricerca nel campo delle neuroscienze confermano che i processi di apprendimento sono possibili solo perché il cervello è in grado di svilupparsi lungo l’arco di tutta la vita (apprendimento e sviluppo cerebrale sono connessi).

Il passaggio delle informazioni migliora tramite modifiche delle sinapsi (centri di contatto della rete neuronale); possono formarsi nuove sinapsi e così si creano nuovi collegamenti (ampliamento della rete), ma si possono anche eliminare alcuni collegamenti che non servono più (“pruning”).
L’apprendimento influenza le strutture del cervello (plasticità cerebrale) e la velocità di trasformazione delle informazioni aumenta tramite l’apprendimento. Le diverse aree del cervello si sviluppano se sono stimolate e questi cambiamenti sono rapidissimi soprattutto nei bambini.

Le modifiche nel cervello possono essere mantenute grazie a movimenti di motricità fine (manipolazione di palle e palloni e di piccoli attrezzi).

L’attività di chi impara e l’agire in prima persona sono indispensabili per l’apprendimento, in quanto per il cervello vale il principio “use it or lose it”, quindi il cervello è il risultato dell’uso che se ne fa.

Le strutture cerebrali costituiscono il sapere pregresso di una persona.

Ogni processo di apprendimento getta le basi per altri processi di perfezionamento. Non solo si imparano saperi, comportamenti, movimenti complessi o emozioni, ma contemporaneamente si creano nuovi potenziali e strategie di apprendimento per approfondire ciò che si è imparato. I saperi e le capacità pregresse assumono un’importanza decisiva per l’approfondimento dell’apprendimento.

Tramite l’apprendimento si promuove l’individualità, perché il cervello di ognuno si sviluppa in sintonia con la biografia del singolo. Ogni cervello si distingue da tutti gli altri per la propria struttura, quindi in ogni gruppo di bambini ci sono cervelli diversi, ciascuno con la propria biografia di apprendimento e la propria struttura cerebrale, per cui si capisce che ciascun gruppo è sempre molto eterogeneo e complesso (non esistono gruppi omogenei per prestazione e comportamento).

L’eterogeneità dei gruppi è una caratteristica naturale (Buholzer-Stadelmann 2009).

Per l’Istruttore è importante:
– differenziare e individualizzare la lezione;
– sostenere e stimolare i bambini in relazione al loro livello;
– rafforzare questi gesti e quei movimenti che sono importanti ai fini di una corretta interpretazione del gioco;
– lasciare spazio alla creatività individuale;
– inserire pause attive per il recupero;
– non perdere troppo tempo per le spiegazioni;
– organizzare al meglio la lezione;
– motivare ed essere motivato.

Sfruttare al meglio le emozioni
Gli eventi vissuti nell’attività motoria e sportiva dal bambino come significativi, importanti, emozionanti, piacevoli, utili, sono registrati meglio e ricordati più facilmente. Gli apprendimenti di giochi ed esercizi di Minibasket stimolano il benessere e la fiducia in se stessi e sono ricordati più a lungo.

Apprendimento e emozioni sono in stretta correlazione, le emozioni influenzano i processi dell’informazione e l’attenzione dipende dalle emozioni, infatti chi apprende in uno stato d’animo positivo (successo, partita vinta, etc.) riesce meglio a imparare e a capire collegamenti complessi. I bambini che giocano e nel nostro caso che giocano a Minibasket, dispongono di una maggiore coscienza delle proprie capacità e hanno atteggiamenti più promettenti.

“Una motivazione particolare nel gioco si ha quando la speranza del successo è più forte della paura dell’insuccesso”

La parola motivazione deriva dal latino “movere” (muovere). Una persona è motivata quando agisce in prima persona e motivare una persona significa dargli la possibilità di avere successo nei suoi sforzi e nella sua attività. Il sostegno dei genitori, degli Insegnanti e dell’Istruttore è primordiale. Esperienze giudicate importanti e significative dal bambino sono apprese più rapidamente e immagazzinate meglio.

Per l’Istruttore è importante:
– consentire esperienze di successo;
– rafforzare la fiducia in se stessi (eliminare le paure);
– parlare con i bambini di vittoria e di sconfitta;
– utilizzare anche la musica come sottofondo per gli esercizi e i giochi;
– suscitare curiosità;
– porsi degli obiettivi realistici e impegnativi;
– fungere da esempio;
– entusiasmare;
– suscitare emozioni,
– apprezzare l’operato dei bambini;
– utilizzare bene i feeback.

Doti innate, talento e intelligenza
Le doti innate sono l’espressione di un processo che dura tutta la vita e delle correlazioni tra predisposizione del soggetto (potenziale) e ambiente circostante. I soggetti dotati sono in grado di migliorare il proprio potenziale lungo tutto l’arco della vita, tramite correlazioni con l’ambiente circostante e stimoli interiori.

La parola “dotato” contiene il concetto di dote naturale che fa parte del soggetto sin dalla nascita, che può essere modificata in base alle esperienze vissute e all’ambiente praticato (plasticità). Le doti non sono una costante, ma un processo che dura tutta la vita tra predisposizione e ambiente, fra potenziale e stimolo.

L’intelligenza può essere considerata come la capacità di pensare e di imparare, in modi differenti da un soggetto a un altro. Può essere determinata con una certa precisione grazie a dei test standardizzati (Test Qi) per evidenziare lo stato in un determinato momento (quando si esegue la misurazione).
Le doti di una persona non possono essere misurate e definite con un test, la dote non comprende la sola intelligenza, ma anche le capacità motorie del soggetto, la volontà di impegnarsi, l’interesse, la disciplina nel lavoro, la fiducia in se stessi.
L’organizzazione di tutti questi fattori può essere definita utilizzando il concetto di personalità.

“Ogni bambino è una persona e un caso unico”

Conclusioni
Se le conoscenze e i comportamenti sono acquisiti in modo attivo e autonomo, orientandosi sull’azione e sulla soluzione (problem-solving), rifacendosi a conoscenze, comportamenti e capacità pregresse consapevole ed emotivamente vissute, sono comprese meglio, ricordate più a lungo, utilizzate in nuove situazioni e i processi di apprendimento sono vissuti positivamente. (K. Reusser 2006).
Bibliografia

W. Edelmann, Lernpsychologie, Weinheim, 2000
G. Huter, Was wir sind und was wir sein konnten, Frankfurt, 2011
R. J. Seitz, Motorishes lernen, Deutsche Zeitschrift fur Sportmedizin, 2001
G. Mietzel, Padagogische Psychologie des lernes und lehrens, Gottinghen, 2007
International Panel of Expert for Gifted Education, Salzburg, 2009
A. Buholzer, W. Stadelmann, Homogenitat als illusion, Innsbruck, 2009

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