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Le 3 C nel Minibasket

Le 3 C nel Minibasket

[Tweet ” Ogni istruttore deve sapere che ci sono 3 C nel minibasket: capacita’, competenze, conoscenze”]


Premessa

Esiste una grande letteratura su queste tre parole, esiste anche una questione antropologica importante che ha accompagnato la filosofia da Parmenide ed Aristotele fino a Heiddeger, Fromm e Marcel: quella riguardante la distinzione tra ESSERE E AVERE.


L’essere

Dire l’essere di noi o di qualcuno, vuol dire riferirsi a ciò che di noi e di qualcuno non cambia, soggiace ad ogni nostra o altrui attuale e possibile futura modificazione (un tempo era definita sostanza o essenza).

Io sono io a tre come a 54 anni, in America come a casa mia, cambiano le condizioni e le circostanze in cui mi trovo o mi posso trovare, ma io sono sempre io.


L’avere

Avere non indica un nostro stato sostanziale, ma significa uno stato contingente del nostro essere, qualcosa che di noi e degli altri che cambia e può cambiare, modificabile nel tempo e nello spazio, che può scomparire ed essere sostituito, senza per questo compromettermi come “io”.

Dire, per esempio “io ho” o “possiedo” o “acquisto” qualsiasi cosa (una qualità, un modo di fare, una cosa), significa che quanto si ha e si possiede si è avuto, tuttavia si può anche perdere, senza per questo pregiudicare l’essere sostanziale che siamo.

Ciò è chiaro nei significati che derivano dal latino e dal greco:

  • “habitus” (modo di comportarsi, contegno di un certo tipo, da cui la nostra abitudine);
  • “habilis” (abile, perito, usare bene qualcosa, fare bene qualcosa);
  • “habitare” (stare, risiedere in un luogo piuttosto che in un altro).
  • “èchein” (comportamento).

Ciascuno non è quello che è, perché cambia abitudini, residenza, lavoro, gusti; insomma non è certo uguale a prima, ma non è un altro, non si deve rinnegare, né sminuirsi, è lui ancora.

Questa distinzione tra ESSERE E AVERE è feconda, anche per mettere ordine in molti concetti utilizzati nella didattica dell’insegnamento.

In questa prospettiva, si può affermare che appartengano all‘essere del bambino e o dell’Istruttore Minibasket, le capacità e le competenze, mentre si riferiscono al loro avere le conoscenze e le abilità.

Tanto si è capaci e competenti, quanto si hanno conoscenze (Iper Uranio di Aristotele o il Mondo 3 di Popper) e abilità (di comunicare, di trasmettere, possedere carisma, leaderschip); viceversa non si hanno capacità e competenze, né si è conoscenze e abilità.

Vediamo di rendere comprensibile e giustificare maggiormente queste differenze e, soprattutto, di considerare in che modo impiegarle ai fini di una migliore progettazione ed attuazione dell’insegnamento del Minibasket.

mondoni minibasket espana

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CAPACITA’

Nessuno di noi è capace di volare. Ci si può allenare, ma non è possibile raggiungere questo risultato. Volare non fa parte del nostro essere (attuale e potenziale), non è una nostra capacità interna o propensione.

Noi abbiamo la capacità di pensare e di costruire artefatti che ci permettano di librarsi nello spazio, ma perché uomini, non possiamo per niente volare.

Noi siamo chi siamo e chi possiamo diventare (anche in base al nostro DNA).

Posso imparare la matematica, sebbene non la sappia, sono capace di imparare la matematica, ne ho la propensione, però, potrò essere capace di imparare solo la matematica elementare, se sono vissuto in un ambiente familiare che non ha stimolato le mie connessioni neurali in modo adeguato e, quindi, ho perduto le mie capacità interne iniziali e, per cause esterne al mio essere, non potrò mai più accedere alla matematica superiore.

Idem per quanto riguarda il Minibasket.

Come Istruttore potrei imparare a memoria 20-50-100 esercizi di palleggio, tiro, passaggio, di difesa, giochi didattici, propedeutici (Minibasket Elementare), oppure potrei conoscere il concetto e, quindi, inventare 100-1000 esercizi, giochi, gare (Minibasket Superiore).

Tutto ciò dipende dall’ambiente in cui sono cresciuto (famiglia, ambiente in cui vivo, Insegnanti, Allenatori avuti in precedenza), dalle mie esperienze (studi, esperienze di Convegni, Clinic, Seminari) e dal mio DNA.


Il problema pedagogico

Se è vero che nessuno di noi può diventare ciò che non è in potenza, l’obiettivo nostro è far sì che ciascuno realizzi al meglio possibile se stesso, ovvero che sviluppi e metta in atto tutte le capacità interne che costituiscono il suo essere potenziale, cercando di incontrare il meno possibile forze ed ostacoli sociali, ambientali, culturali, che lo limitino e lo deformino.

Per diventare un buon Istruttore di Minibasket, competente, comunicativo, capace di individuare le potenzialità di ogni bambino/a (creare “bambini/e pensanti” ad ogni livello) e di trasformarle (in relazione alle differenti potenzialità), è bene conoscere a fondo la differenza tra l’essere e l’avere di ognuno.

Non sarebbe difficile risolvere questo problema, se le Scienze dell’Educazione (filosofia, pedagogia, psicologia, antropologia, sociologia, medicina, biologia, etc.), potessero dirci con certezza quali siano le capacità potenziali di ciascun bambino e quali cause efficienti e/o materiali, le possano comprimere, fino al punto di impedirne la futura concretizzazione.

Lo stesso dicasi per l’Istruttore Minibasket che lavora in un Centro Minibasket.

Non può essere considerato un buon Istruttore colui che non ha le capacità potenziali per esserlo, non può essere un buon Istruttore colui che conosce solamente gli esercizi, ma non sa insegnarli, colui che non sa comunicare con i bambini, che non sa utilizzare i feedback, che non sa correggere, che non sa pensare da bambino, che non sa mettersi in ginocchio e guardare i bambini negli occhi (mettersi alla loro altezza).

Per troppo tempo abbiamo guardato i bambini dall’alto in basso.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini

Noi Istruttori Minibasket conosciamo veramente “a fondo” i bambini dei nostri Centri Minibasket?

Conosciamo il perché proponiamo un gioco o un esercizio, sappiamo quando deve essere presentato, come deve essere eseguito in relazione alle diverse età?

L’unica strada da perseguire nell’insegnamento, è quella di attribuire ad ogni bambino, perché soggetto unico ed esclusivo, tutte le capacità che qualificano in genere gli esseri umani, cioè il pensare teoreticamente, in sostanza e tecnicamente.

Sarà poi compito dell’intervento pedagogico concreto e particolare che si deve instaurare con ciascun soggetto, impiegare strumentalmente tutte le conoscenze fornite dalle Scienze dell’Educazione, per interrogare e scoprire sempre più e meglio i livelli e le forme delle specifiche capacità di ciascuno, così da favorirne il più alto dispiegamento possibile.


E’ meglio insegnare ad ogni bambino a giocare (capacità di gioco), piuttosto che insegnare analiticamente i fondamentali cestistici e pensare che poi loro li mettano assieme e giochino.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini

E’ sicuramente più facile insegnare ai bambini a conoscere i movimenti del proprio corpo nello spazio e nel tempo (con o senza palla), piuttosto che insegnare loro, in modo analitico, il palleggio, il passaggio, il tiro o i movimenti senza palla in attacco e i movimenti in difesa.

E’ meglio che un bambino capisca a che cosa serve il palleggio, quando deve essere utilizzato, in che modo, se è meglio scegliere il palleggio piuttosto che il passaggio o il tiro, se è meglio difendere sul possessore di palla piuttosto che su chi non è in possesso di palla (ricordiamoci che la palla possiede una grande valenza ludica).

minibasket mondoni

minibasket mondoni


L’analisi logica ed operativa delle capacità

Per agire pedagogicamente, le capacità si possono e si devono, formulare analiticamente e, quindi, è importante promuovere, nell’educazione di ciascuno, non solo la sua umanità, ma anche la sua capacità logica, critica, motivazionale, espressiva, creativa, operativa, sociale, morale, relazionale, motoria, sportiva, di porre e di risolvere problemi e di elaborare le emozioni.

E’ importante tradurre queste capacità individuali, in comportamenti o in ogni modo in prestazioni osservabili e misurabili, attraverso una corretta didattica d’insegnamento (non didatticismo), identificabile nell’abilità professionale dell’Istruttore!

Questo lavoro di analisi logica ed operativa delle capacità è molto utile, anzi è indispensabile alla progettualità didattica e all’azione educativa.

Così facendo, tuttavia, si possono correre 2 rischi, che a volte possono diventare pericolosi.

Il primo rischio è la sostanzializzazione delle capacità individuali dei bambini: a forza di analizzarle sul piano logico e di tradurle successivamente in dimensioni operative misurabili ed osservabili, si può giungere a pensare che si stia frantumando e rendendo maneggiabile qualcosa che esista in sé e per sé; come se le capacità fossero una sostanza autonoma e non, invece, come sono, un attributo del nostro essere.

Ogni bambino ha le “sue” specifiche capacità (schemi logici di azione, operazioni, modelli procedurali, metodi di insegnamento, capacità comunicative), le capacità non sono uguali in tutti i bambini (anche quelle motorie).

Le capacità si devono sempre riferire ad un soggetto umano concreto, con le sue specifiche capacità.

Le capacità non esistono in astratto, ma esiste solo un soggetto umano concreto che è capace.

Il secondo rischio è una conseguenza del precedente.

Se si sostanzializzano le capacità, significa che ciascuna è autonoma e autosufficiente e che esiste indipendentemente dalle altre (ad esempio la capacità logica di un individuo è strettamente legata a quella espressiva e ad altre ancora).

Non possono esistere INDICATORI operativi che valutano una capacità, non possiamo agire in un vuoto pneumatico artificiale, che ci permette di semplificare il tutto.

Se le nostre capacità sono NOI e se noi siamo noi (un qualcosa di unitario e integrale), non possiamo analizzarle e frazionarle.

I risultati dei test sono solo valori indicativi, vanno solo trascritti, ma non valutano totalmente le capacità individuali (ognuno ha le sue capacità e può raggiungere valori che sono massimi per lui e non possono essere paragonati a tabelle e percentili generali). Queste sono solo abilità!

I programmi educativi per la promozione solo delle capacità logiche non esistono, si possono scrivere solo sulla carta!

minibasket corsi

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COMPETENZE

Se volessimo sbrigarci con poche parole, potremmo affermare che le competenze sono le capacità individuali di ogni bambino portate a compimento: chi siamo, come ci comportiamo di fronte a problemi che ci sono presentati, come li risolviamo.

Ma non è vero.

Mentre le capacità esprimono la forma del nostro essere potenziale, le competenze manifestano la forma del nostro essere attuale.

Le capacità e le competenze sono dinamiche, in evoluzione, si trasformano continuamente.

Al pari delle capacità, le competenze riguardano il nostro essere, non sono assolutamente un nostro avere e, quindi, vanno analizzate logicamente e operativamente.

Si può affermare che ognuno di noi è più competente nella logica che nell’espressività, nell’operatività professionale, che nelle relazioni interpersonali.

Si può giungere a gradi maggiori di competenze nei campi della logica, del lavoro, delle relazioni sociali e interpersonali, nei quali siamo circa competenti.

E così per tutti gli altri aspetti, anche in quello motorio, ludico e sportivo (e nel nostro caso nel Minibasket).

Si tratta solo di considerare se da POTER ESSERE, tutti gli aspetti si sono fatti ESSERE del soggetto: sono non più una sua possibilità, ma lui, in persona, di fronte ai problemi concreti che deve risolvere.

Al pari delle capacità vanno ricordati i due rischi precedenti.

Una competenza nel Minibasket non potrà mai essere settorializzata alla competenza della tecnica cestistica, un buon Istruttore di Minibasket deve conoscere ciò che insegna, a chi lo insegna, che tipo di metodo utilizza, di che mezzi si serve, che linguaggio usa per comunicare.

Un buon Istruttore non deve dimenticarsi che il bambino deve essere al centro (“centralità”) dell’intervento educativo, deve saper comunicare e favorire la comunicazione, deve sapere quando correggere, come correggere, deve sapere che “carico” di lavoro utilizzare.

La competenza non è mai solo TEORIA (sapere come stanno le cose e perché: scienza pura), nemmeno solo TECNICA (riuscire, utilizzando parecchie procedure, a prevedere ciò che si può fare riguardo a qualche cosa e a concretizzarlo: scienza applicata), nemmeno solo l’agire, avendo visto come stanno le cose e realizzare non tanto ciò che si potrebbe realizzare, ma ciò che è bene realizzare in quella particolare situazione e come si deve, cioè con bontà.

La competenza è la dimostrazione dell’unità inscindibile di tutti questi aspetti che sono in noi quando si affronta un qualsiasi problema specifico della vita (sociale, professionale, personale) e non solo si è in grado di scegliere le soluzioni migliori rispetto alla realizzazione del compito, ma si è anche nelle condizioni di modificarle e sostituirle, se serve.

Si è artisti, o Insegnanti, o Istruttori Minibasket competenti, non tanto perché si possiedono e si esercitano le TEORIE (conoscenze) e le PROCEDURE (abilità) necessarie per svolgere il proprio lavoro in modo eccellente, quanto perché queste teorie e procedure non devono restare solo strumentali ed oggettivate, ma sono il nostro attuale modo di essere (quello che siamo e che vogliamo essere), cioè più o meno rapidi, eleganti, creativi, emotivi, collaborativi, morali, integrati, comunicativi.

Nel nostro caso di Istruttori Minibasket, non solo siamo in grado, in un gruppo di 20 bambini (eterogeneo), di stabilire i risultati di apprendimento che è ragionevole e giusto attendersi da ogni bambino che ci è stato affidato e di cercare di fare in modo che raggiunga quello e solo quello che può raggiungere (con compiutezza e soddisfazione), “mirando” agli obiettivi che ci siamo prefissi (obbligatori e optativi), utilizzando mezzi buoni e corretti (esercizi), ma possiamo fare ancora di più, quando nell’agire ci mettiamo in gioco come persone e trasformiamo le nostre esperienze in un’occasione per perfezionare la nostra vita, per vivere (fare, decidere, essere) meglio.


Come si promuovono

I mezzi che abbiamo a disposizione per passare dalle capacità alle competenze sono le CONOSCENZE (in tutte le loro forme dichiarative, condizionali e procedurali) che incontriamo o maturiamo e le ABILITA’ di cui ci impadroniamo e che utilizziamo nelle diverse situazioni nelle quali ci veniamo a trovare.

Avendo conoscenze ed esercitando abilità, abbiamo l’occasione per verificare sempre più a fondo le nostre capacità e per scoprire, a mano a mano, con le nostre competenze, chi, momento dopo momento, noi effettivamente siamo.

Potremmo perfino trovarci ad essere diversi da quelli che pensavamo di essere e di poter essere (un “noi” imprevisto).

Nessuno può dichiarare di essere e di poter essere tutto quello che è fino a quando non ha svolta tutta intera la sua vita (le contingenze empiriche, le conoscenze, le abilità di volta in volta assunte, possono costituire un’occasione per svelargli capacità insospettate).

Nessuno può dichiarare di non essere più o meno competente in e davanti a qualsiasi cosa, fino a quando non è posto nelle condizioni di poterlo dimostrare.

Le capacità non esercitate si atrofizzano, non si sviluppano e non diventano mai competenze.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini

E’ una nostra capacità anche il perdere una parte dell’essere reale che siamo in potenza, cioè non poterlo attuare.

Può essere bene, se queste capacità potenziali atrofizzate riguardano la parte meno nobile ed avvalorabile del nostro essere; può essere un male, però, se esse riguardano ciò che ci rende sempre migliori.

L’educazione è il processo attraverso il quale si scelgono le contingenze empiriche, le conoscenze, le abilità che ci sembrano favorire il passaggio dalle nostre migliori capacità in competenze reali.

Tutte le conoscenze esistenti ed accumulate dall’uomo nella sua storia, si equivalgono per trasformare al meglio le nostre capacità razionali in competenze razionali?

Quali sono le azioni che ci permettono di risolvere al meglio i problemi operativi che ci angustiano, di produrre cose utili a noi e agli altri, così da renderci tecnicamente competenti in uno o più settori?

Perché queste abilità e non altre, riescono a farci essere quello che siamo?

MONDONI minibasket fip

MONDONI minibasket


Il dibattito scientifico contemporaneo

Del termine competenza, si danno oggi in letteratura, tre versioni fondamentali.

Secondo una prima concezione (behavioristica), competente è colui che è stato addestrato, ovvero ripetutamente esposto a stimoli condizionanti, che lo portano ad acquisire determinati comportamenti misurabili ed osservabili (training), ritenuti validi per la soluzione di particolari problemi.

La seconda versione definisce le competenze come un insieme predeterminato di proprietà razionali, operative, motivazionali, emotive, relazionali ed espressive interne al soggetto, che egli mostra di possedere, indipendentemente dalla natura del compito specifico che è chiamato ad affrontare e dalla situazione concreta in cui viene a trovarsi.

In questo senso, si preferisce parlare di metacompetenze o di competenze generali, valide in tutte le circostanze, che sarebbero applicabili a qualsiasi nuova e differente situazione problematica in cui il soggetto stesso dovesse venirsi a trovare, dando così origine alle competenze specifiche (insegnamento del Minibasket).

L’ultima versione delle competenze recita: la competenza è il risultato di un’interazione tra soggetto, oggetti materiali, significati sociali impliciti ed espliciti, azioni di altri soggetti, etc.

Per dimostrare competenza, non basta saper applicare regole in situazioni semplificate ed artificiali (astratte), serve farlo ogni volta, con originalità ed adattamento, nelle situazioni concrete, legate a contesti reali in cui ci si viene a trovare.

Le competenze non sono riducibili a schemi, a sequenze o a piani d’azione codificabili in manuali, né sono trasferibili da un soggetto all’altro.

Si è competenti quando si decidono le azioni mentre si compiono, si valutano e si correggono in seduta stante, si esplorano gli elementi impliciti nelle azioni stesse per tenerne conto immediatamente in quelle successive, si ristrutturano significati e fini, contemporaneamente all’impiego di determinati mezzi, si scopre, si genera e si condivide un senso di tutto ciò che si fa, senso che si adatta e segue ogni modificazione dei dati del sistema e delle dinamiche relazionali che lo accompagnano (capacità di modificare l’andamento di una lezione di Minibasket).

Se di fronte ad un problema di qualsiasi natura (sociale, esistenziale, culturale, artistico, professionale, motorio, sportivo), ne comprendo i termini nella loro complessità, troccio un piano risolutivo, lo attuo e verifico se e in che misura è stato efficace, così da procedere alle rivisitazioni del caso, certamente dimostro di essere COMPETENTE. Dimostro di essere un uomo che ha portato a compimento le sue CAPACITA’ intellettuali.

La competenza, però, richiede qualche cosa di più determinato e contestuale per reclamarsi tale, cioè deve adattarsi alle irripetibili peculiarità di ciascun problema e comprendere l’importanza che, in ogni processo di scoperta, ha il caso o quell’inesprimibile sentimento del “non so che” che tanta parte ha avuto ed ha nell’estetica.


Orientamenti conclusivi e raccomandazioni per l’azione educativa e didattica

Le competenze non sono intenzioni dell’insegnamento, sono semmai un suo risultato.

Non si riferiscono a possibilità ideali del bambino, ma esprimono i suoi guadagni formativi reali e i suoi modi di essere nell’affrontare situazioni e problemi.

L’Istruttore è tenuto a registrarli e a lasciarne traccia nel “portfolio” di quel bambino; se poi ritiene che la competenza raggiunta da quel bambino possa essere la capacità di un altro, nulla di male se ciò è vero, ma è altresì vero che la raggiunge dopo il lavoro pedagogico esplorativo necessario per identificare le capacità di “quel” bambino.

E’ impossibile certificare il raggiungimento di competenze uguali per tutti i bambini di un determinato gruppo di Minibasket, facendo in questo modo significa trascurare quanto esposto precedentemente e procedere a semplificazioni formali.

E’ di moda parlare di competenze ai fini di debiti e crediti; è falso affermare ciò, in quanto non sono competenze, ma conoscenze e o abilità.

Non si possono quantizzare e misurare le competenze di ogni individuo, è più facile individuarle (se si è capaci) ed osservarne le sfumature, le intuizioni, i sentimenti.

Per stabilire se un bambino (o un Istruttore) è o non è competente a giocare o a insegnare Minibasket, non bisogna accontentarsi solo di griglie, di test, di prove oggettive e di esperimenti.

Questi strumenti hanno bisogno di essere integrati con altri: racconti della famiglia, della vita, i diari, ascoltare, osservare, discutere, intervistare.

Solo così si possono evitare i rischi della sostanzializzazione e della settorializzazione.


CONOSCENZE

Uno strumento che sviluppa le capacità e le competenze dell’uomo é senza dubbio l’incontro con le CONOSCENZE, concepite creativamente dalla nostra mente o ricavate direttamente dall’esperienza.

Incontro con le conoscenze già esistenti (Mondo 3 di Popper, Iper Uranio di Aristotele, Il Minibasket secondo Mondoni), quelle selezionate nei repertori e nelle enciclopedie della cultura antropologica e o di quella classica, nei Manuali o nei testi Minibasket, trasmesse grazie all’insegnamento di un maestro.

Le conoscenze, sia quelle nuove concepite dalla mente umana sia quelle già consolidate e insegnabili, si possono classificare in tre fondamentali categorie:

  • conoscenze dichiarative: sapere che cosa si sta facendo
  • conoscenze condizionali: sapere dove, quando, perché si fa
  • conoscenze tecnico-procedurali: sapere come si fa

 

Le prime e le seconde sono quelle maturate grazie all’attività teoretica degli uomini e riguardano le cose che ci sono: che cosa sono, perché ci sono, come ci sono.

Dicono anche che cosa è bene fare e che cosa è bene non fare e perché.

Le ultime sono quelle fornite da tutte le possibili tecnologie esistenti (conoscenza delle tecnologie).

Molte persone fanno qualcosa: si muovono, aggiustano automobili, praticano discipline sportive, riparano vestiti, lavano e spesso non sanno perché lo fanno.

Lo stesso dicasi per l’Istruttore Minibasket che propone esercizi e giochi e non sa perché lo fa.

Chi fa queste cose senza sapere PERCHE’ è privo di scienza teorica, non ha conoscenza di ciò che fa, non è capace di dirne le cause, sebbene sia in possesso di coscienza.

Non tutte le conoscenze dichiarative, condizionali e procedurali esistenti o da noi possedute, sono anche CERTEZZE, possono rimanere CREDENZE.

L’essere di ciascuno di noi è il contenuto delle sue conoscenze. Ciascuno di noi, conosce quello che ha potuto conoscere.

Se una persona ha conoscenze, è capace di insegnarle.

Si possono insegnare e trasmettere solo conoscenze, l’esperienza di ciascuno da cui esse sono state tratte è intrasmissibile e non è insegnabile.

Per un Istruttore Minibasket è importante conoscere COME SI FA AD INSEGNARE determinate conoscenze ai bambini (piuttosto ai giovani o agli adulti), in un Centro Minibasket o a Scuola, in presenza di determinate condizioni piuttosto di altre.

L’insegnamento non richiede solo il possesso di conoscenze, ma esige anche quello di ABILITA’.

Questa consapevolezza, tuttavia, non pregiudica il fatto che si possa verificare con accuratezza se un bambino abbia tutte le conoscenze per giocare a Minibasket (test motori generali e specifici, conoscenza dei movimenti che può compiere con il proprio corpo nello spazio e nel tempo con o senza palla, padronanza degli schemi motori di base e delle capacità motorie, conoscenza delle regole e del regolamento di gioco).

Non basta conoscere, bisogna provare e verificare (prima di fare è importante capire), bisogna avere l’abilità per giocare (CAPACITA’ DI GIOCO).

Non è detto che se un bambino non riesce a realizzare canestro, non sappia giocare a Minibasket, non è detto che se non sa fare l’entrata in terzo tempo non possa giocare.

Per “capacità di gioco” intendiamo che un bambino deve conoscere:

  • i movimenti che può eseguire con il suo corpo (da fermo e in movimento) con o senza palla;
  • lo spazio;
  • il tempo;
  • le regole;
  • il Regolamento;
  • i compagni e gli avversari.

Non è detto che se un bambino sa palleggiare benissimo possa giocare a Minibasket, l’importante è essere ABILI a giocare (dimostrare praticamente ciò che si conosce e personalizzarlo).

Ognuno gioca come è capace di giocare!

Nel Minibasket si deve sempre verificare, attraverso il gioco, se un bambino possiede (e fino a che punto) conoscenze; evitiamo, quindi, di dare subito giudizi negativi sui bambini, relativamente alle loro capacità e competenze.

Se un bambino ha poche conoscenze (perché il suo Istruttore non ne possiede molte, oppure perché pensa di conoscerle), non si è autorizzati ad esprimere una valutazione negativa sul suo comportamento motorio e non.

mondoni minibasket giochi con palloncini

mondoni minibasket giochi con palloncini


ABILITA’

Il campo semantico del termine abilità è intimamente connesso con quello di tecnica.

Ciascun essere umano ha la capacità di rappresentarsi scopi concettualmente, che sappia trovare attraverso tecniche calcolative, percorsi operativi adatti a trasferire gli scopi concettuali nella realtà materiale, per creare prodotti che in natura non esistono e che sia in grado di ottimizzare l’intero processo, con le correzioni e i miglioramenti del caso.

Conoscere la causa prima di fare è molto importante.

Abile non è chi è capace di sapere, ma chi ha un determinato tipo di sapere, cioè un sapere specializzato.

Sapere come si fa una cosa non significa poi farla davvero come si deve, cioè essere buoni o eccellenti nel farla.

Sapere le regole e i principi morali, non vuol dire agire bene, da virtuosi, sapere i principi fisici che spiegano l’andare in bicicletta, non vuol dire essere bravi ciclisti, conoscere la meccanica del palleggio, non significa essere bravi palleggiatori.

Sapere alcuni concetti relativi al Minibasket, senza un corretto background culturale, non significa assolutamente essere abili ad insegnare o ad insegnare agli altri ad insegnare.

Si è abili, si è eccellenti, quando si traduce un sapere specifico di qualcosa, su azioni adeguate a realizzare al meglio lo scopo concepito.
Prof. Maurizio Mondoni
#iostoconibambini

E’ l’azione di successo ripetuta (l’esercizio) che segnala l’abilità di un soggetto.

Ha abilità, infatti, “chi fa ciò che vuole quando lo vuole”, lo sbocco finale di ogni abilità è l’abitudine.

Nessuna tecnica è affidabile se affidata a principianti o a persone incompetenti, chi insegna e non sa che cosa insegna e perché insegna, non è un insegnante, è un ciarlatano, un venditore di fumo e a lungo andare, anche se all’inizio tutto va bene, poi ci si accorge delle sue poche conoscenze e della sua incompetenza.

Nessuna tecnica può essere considerata acquisita una volta per sempre: l’abilità nello svolgerla ha bisogno sia di continua vigilanza intellettuale (di sapere e di sapersi) sia di esercizio.

E’ importante aggiornarsi continuamente, confrontarsi, evolversi, cambiare.

Essere abili ad insegnare Minibasket non significa conoscere 100 esercizi o 200 giochi, essere abili significa saper comunicare, suscitare attenzione, essere motivati, essere entusiasti, suscitare motivazione ad apprendere, conoscere ciò che si insegna, a chi si insegna e che metodi si devono utilizzare per far apprendere sempre meglio.

Nel concetto di ABILITA‘ entrano, comunque, altre dimensioni:

  • COMPETIZIONE: non esiste abilità dove non c’è “zèlos” (sguardo obliquo), cioè un guardare di traverso ciò che fa l’altro, uno spiarlo di sottecchi per vedere che cosa fa e come lo fa: non ci deve essere, però, invidia ostile per danneggiare. L’emulazione deve essere positiva, guardare senza essere visti, per vedere se fa meglio di noi, ingaggiare così una “lotta d’eccellenza”. Virtuoso è colui che eccelle rispetto ad un altro nelle capacità di fare bene qualcosa.
  • UTILITA‘: è abile chi fa, produce, chi crea un qualcosa che dura e che è apprezzato da chi lo impiega, perché ne ha bisogno: gli è utile.
  • COMPLETAMENTO: l’abilità non richiede solo “zèlos” e utilità, ma anche giusta disponibilità alla cooperazione. Produrre qualsiasi cosa senza coordinarsi con le azioni di altri soggetti, risulta impossibile; ciò non può realizzarsi nel disordine di chi non rispetta le parti assegnate e non attribuisce a ciascuno il suo compito.

Possedere un sapere specifico che ci consenta nello “zèlos” e in un onesta giustizia cooperativa, di produrre secondo una sequenza tecnica, qualcosa di determinato e che sia utilizzato ed apprezzato nel tempo, sembrano i tratti che segnalano il possesso di una abilità.


La verifica delle abilità

Un test, una prova oggettiva, servono senza dubbio per una verifica specifica di conoscenze, ma sono soprattutto prove di abilità.

La realizzazione di un capolavoro, la stesura di un progetto, una traduzione, un lavoro di ricerca, sono strumenti specifici per la verifica di abilità, ma sono anche prove di conoscenza.

Un articolo di giornale che non riesce a farsi leggere, è il segno che non si è abili nella scrittura giornalistica.

Non è il caso, dunque, di ricavare giudizi di personalità e di carattere, da prove di verifica di abilità: l’essere delle persone è molto più grande ed importante del loro avere!


Obiettivi di apprendimento

Il soggetto logico degli obiettivi di apprendimento è il bambino.

Anche se formulati dall’Istruttore, quest’ultimo agisce in nome e per conto del bambino.

Individua, infatti, le capacità di ciascun bambino e le traduce, con l’analisi logica e operativa, in risultati di apprendimento che il bambino stesso può e deve raggiungere, non solo per vivere meglio, ma anche per realizzare al meglio se stesso.

“Alla fine del Corso di Minibasket il bambino deve essere in grado di correre, di conoscere lo spazio, il tempo, le regole di gioco, la palla, i compagni, gli avversari, di palleggiare, tirare, passare, ricevere, difendere,…….”: questi dovrebbero essere obiettivi di apprendimento.

Se un Istruttore non sa chi è il bambino, quali sono i suoi bisogni e le sue motivazioni, e gli insegna solo esercizi (didatticismo) di palleggio, di tiro, di passaggio, non determina gli obiettivi da raggiungere, non verifica, non corregge, non fornisce consigli, non da feedback, utilizza solo metodi di insegnamento analitici, non sa comunicare, non è simpatico, non è un buon EDUCATORE.

Insegnare-Educando richiede una maturità tale che non si acquisisce solamente leggendo dei libri o assistendo a Corsi, Clinic o allenamenti, si acquista con il tempo, con l’esperienza, con l’autocritica, con l’umiltà, con la voglia di migliorarsi, di far bene, di confrontarsi e verificare quanto una persona vale. Quindi, deve possedere molte conoscenze, non solo nel Minibasket, ma deve avere delle capacità, delle competenze che, gli permetteranno successivamente di essere abile nell’insegnare.

Capacità e competenze, riguardano l’essere, non sono insegnabili.

Ogni bambino ha le proprie capacità, l’Istruttore deve trasformarle in competenze, aumentando le conoscenze, che con l’esperienza diventeranno abilità.

Le capacità e le competenze non sono disponibili in persone che non le hanno, le capacità, al pari delle competenze, sono soltanto di ognuno di noi: le mie, le sue, le tue.

Io non ho le sue e tu non hai le mie: il mio essere non è il suo.

Insegnabili e aumentabili sono le conoscenze e le abilità.

L’Istruttore ha nella sua mente i contenuti del sapere e nelle sue mani le azioni del “far bene” che può trasmettere al bambino.

Le può trasmettere sia perché le ha, sia perché il bambino è capace di averle, di acquistarle con la sua mente e con le sue mani.


Obiettivi di insegnamento

Il soggetto degli obiettivi di insegnamento è l’Istruttore.

I Programmi di insegnamento del Minibasket, anche se tecnicamente formulati dal Settore Minibasket FIP, non sono di apprendimento, sono fissati, ma ogni bambino ha un suo ritmo di apprendimento, che è determinato dal DNA, dall’ambiente in cui vive e dalla sua capacità di apprendimento.

Spesso molti Istruttori sono “misurati” dal grado con cui i bambini raggiungono le conoscenze e le abilità stabilite (esempio a 7-8 anni l’obiettivo è giocare 3 c 3 in forma libera) e non dalla qualità del lavoro educativo e didattico che l’Istruttore fa per trasformare le capacità individuali di ogni bambino in competenze.

Non è tanto importante palleggiare bene, ma saper scegliere quando palleggiare, perché (sapere a che cosa serve il palleggio ed utilizzarlo quando è opportuno) e come (tecnica esecutiva).


PRESTAZIONE STANDARD

La prestazione si riferisce sempre ad un comportamento del bambino (ma anche dell’Istruttore), osservabile e misurabile: tutti la possono vedere e controllare.

Si chiede al bambino di palleggiare a slalom e di realizzare canestro in 15″: questa è una prestazione standard.

Il concetto di prestazione standard non è incompatibile, né con i concetti di capacità e competenze, né con i concetti di conoscenze e abilità. Modifica solo, nei due ambiti, il suo significato pedagogico e la sua funzionalità didattica.

Gli Istruttori Minibasket hanno il compito di educare lo sviluppo delle capacità (motorie e tecniche) dei bambini e di valutare, nei limiti del possibile, fino a che punto sono diventate competenze (ciò si verifica solo facendoli giocare).

L’1 c 1 è una situazione reale di gioco e in questa situazione si può analizzare il comportamento del bambino, che per battere l’avversario utilizza il palleggio (regola del gioco), oppure scappa con la palla in mano (essenzialità).

Il bambino fa quello che sa e se ha imparato a palleggiare da fermo (metodo analitico), sicuramente non sa che per battere l’avversario deve palleggiare.

L’importante è metterlo di fronte ad una situazione-problema da risolvere “Cosa devi fare per battere l’avversario?” (capacità-competenze).

Se passiamo dalle capacità-competenze alle conoscenze-abilità, il discorso cambia. Non si tratta più di partire da un essere (bambino) e sforzarsi di pervenire all’identificazione delle sue manifestazioni empiriche.

Ma bisogna partire dalle sue conoscenze per trasformarle in abilità, attraverso lo sviluppo delle capacità (COMPETENZA NEL GIOCO).

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Prof. Maurizio Mondoni
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